Olio di palma: il documento delle aziende che non convince i consumatori

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Torniamo a parlare dell’olio di palma, questa volta però cercheremo di approfondire gli aspetti analizzati nel dossier Aidepi commissionato dalle aziende dolciarie italiane per riammetterlo. Purtroppo sono ancora molti i punti critici e, nonostante grafici …

Torniamo a parlare dell’olio di palma, questa volta però cercheremo di approfondire gli aspetti analizzati nel dossier Aidepi commissionato dalle aziende dolciarie italiane per riammetterlo. Purtroppo sono ancora molti i punti critici e, nonostante grafici e dati, non vi sono molte risposte chiare.

In Italia non si consuma molto olio di palma

Secondo l’Aidepi gli italiani assumono una quantità di acidi grassi saturi giornaliera pari a 2,8 grammi. Questo dato è contraddittorio se si pensa che basta sgranocchiare due biscotti Mulino Bianco come Macine, Campagnole o Abbracci per raggiungere quei valori. E sappiamo tutti che al mattino consumiamo tra i 4 e 5 biscotti. Se aggiungiamo una cotoletta a pranzo e una merendina nel pomeriggio il consumo sale a 18 grammi. Ovviamente non si tiene conto degli acidi grassi saturi provenienti dal consumo di latte, formaggio e carne. Per la nutrizionista Laura Rossi bisognerebbe ricordare che a colazione si “esauriscono” gli acidi grassi saturi concessi e sostituire la merenda e il pasto con frutta e prodotti vegetali.

L’olio di palma è sostenibile?

Le grandi aziende sostengono che l’olio di palma sia sostenibile in quanto si utilizza solo quello a marchio RSPO. La certificazione viene rilasciata solo se non vengono rase al suolo foreste tropicali dove vivono intere colonie di oranghi per impiantare le palme. In realtà questa certificazione viene applicata sul 18% della produzione a livello globale e non serve assolutamente a ridurre il rischio di deforestazione e la scomparsa degli oranghi. Tra l’altro, Annisa Rahmawati di Greenpeace Southeast Asia ha fatto una denuncia sul quotidiano The Guardian in cui punta il dito proprio contro l’RSPO che ha inaugurato in pompa magna nuove coltivazioni di palme su aree deforestate. Inoltre pare che in un decennio, l’Indonesia abbia perso circa 6 milioni di ettari di foreste ricche di biodiversità che non potranno mai più riformarsi.

L’olio di palma è sano!

Questa è la tesi più interessante del dossier perché l’Aidepi ha utilizzato uno studio del 2013 di Mario Negri (finanziato dalla stessa associazione) in cui si dichiara che gli acidi grassi non hanno un ruolo negativo sull’innalzamento dei valori del colesterolo aggiungendo che quelli provenienti nello specifico dall’olio di palma sono solo marginali. In questo documento si legge anche che la qualità dell’olio di palma non presenta effetti peggiori sul nostro organismo rispetto agli altri oli di origine vegetale e che non vi sono prove scientifiche di un suo coinvolgimento nell’insorgenza del cancro. L’Istituto Negri tuttavia suggerisce di non esagerare con le quantità e di preferire prodotti che contengono meno grassi saturi come l’olio di palma free che trova ancora poco spazio nell’industria dolciaria.

L’olio di palma è un grasso naturale

Nel documento si parla anche delle origini naturali dell’olio di palma, tuttavia questo si riferisce all’olio vergine (quello ottenuto mediante la spremitura a freddo di colore rosso di cui abbiamo già parlato nell’articolo precedente). L’olio di palma vergine riduce le carenze di vitamina A ed è inserito nei programmi di salute pubblica dei paesi produttori. Nei paesi occidentali invece viene importato quello sottoposto ad un processo di raffinazione a causa del quale si perdono tutte le sostanze benefiche, così come sostiene Renato Bruni (ricercatore di botanica e biologia farmaceutica presso l’Università di Parma). Quindi chi sostiene che l’olio di palma presente nelle merendine sia ricco di antiossidanti non è assolutamente informato.

Olio vegetale e olio di palma

Per anni le industrie dolciarie hanno “camuffato” la presenza di olio di palma nei loro prodotti indicando solo “olio vegetale”. Anche se Antonio Banderas e Rosita sfornano biscotti e prodotti preparati solo con latte, uova e zucchero, da qualche parte nel loro Mulino c’è un bel contenitore di olio di palma. Anche la Nutella ne contiene circa il 30% che nasconde tra nocciole e cacao. Se vi state chiedendo come mai l’ingrediente sia stato nascosto, dovete sapere che i nutrizionisti non l’hanno mai considerato “importante” ma solo mediocre, a causa degli acidi grassi saturi. Se fosse davvero naturale così come sostengono le aziende, sarebbe comparso anche nelle pubblicità.

Sostituire il burro con l’olio di palma

Nel nostro articolo stiamo abbinando le considerazioni personali ai dati riportati nel dossier anche perché è solo con l’informazione che si può combattere “’l’ignoranza” e, finalmente, abbiamo un’idea ben chiara sull’olio di palma. Sempre nel documento si legge che è meglio utilizzare l’olio di palma al posto del burro perché pur avendo le stesse caratteristiche, i dolci acquisiscono un sapore unico. Ovviamente non si fa riferimento agli altri oli vegetali come quello di mais, di girasole, di arachide o il burro di cacao. Tuttavia vi informiamo che da una ricerca su google “prodotti senza olio di palma” troverete una lunga lista di prodotti (molti dei quali di origine bio).

Nel dossier si analizzano anche gli effetti della sostituzione dell’olio di palma con altri: vi sarebbe un incremento delle superfici coltivate parti a circa 6 volte il territorio italiano.

Attualmente importiamo circa il 2% dell’olio di palma, e solo il 21% viene impiegato per l’alimentazione. Quindi per fare spazio alle palme necessarie per soddisfare il nostro bisogno nazionale, si dovrebbe deforestare un territorio che è 1/5 della Valle D’Aosta. Sviluppando la coltivazione di mais, soia o girasoli, si potrebbero ridurre i costi per l’importazione, senza dimenticare che quei prodotti non impoveriscono il terreno.

Questa storia dell’olio di palma mette rabbia perché, per anni, noi consumatori siamo stati letteralmente “truffati”. Oggi possiamo scegliere liberamente quali prodotti consumare e le grandi aziende come Barilla e Ferrero hanno già modificato le loro “politiche” riducendo la quantità di olio di palma utilizzata nelle loro ricette. Anche il dossier di Aidepi è stato modificato ad hoc, ma crediamo che prima o poi sul mercato verranno lanciati prodotti “nuovi” in cui l’olio di palma è stato rimpiazzato dall’olio di mais o da quello di semi di girasole, magari coltivati in Italia e cresciuti sotto il nostro bel sole caldo. Magari un giorno alla Ferrero utilizzeranno almeno il 60% di nocciole e non una poltiglia di grassi modificata in laboratorio per preparare la Nutella. Noi abbiamo provato a realizzarla a casa e vi assicuriamo che la crema di nocciole (vere) è molto più buona!

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